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Recensione di: La fine è il mio inizio

30/03/2011 | Recensioni | |
Recensione di: La fine è il mio inizio

Bruno Ganz da voce e corpo a Tiziano Terzani, firma autorevole del giornalismo italiano, morto di cancro nel 2006. “La fine è il mio inizio” è il titolo dell’omonimo romanzo edito postumo e dettato al figlio Folco, che insieme al produttore tedesco Ulrich Limmer, hanno tratto la sceneggiatura del film diretto da Jo Baier, ed interpretato dal già citato Ganz, Elio Germano (Palma d’oro ex equo con Javier Bardem  all’ultimo Festival di Cannes come Miglior Attore Protagonista per “La nostra vita” di Daniele Lucchetti), Andrea Osvart e Erika Pluhar. Nel film si raccontano gli ultimi mesi di vita di Terzani, ritiratosi sulle pendici delle montagne fra Toscana ed Emilia Romagna in una sorta di “fuga” spirituale e meditativa, circondato dall’affetto dei suoi cari. Il libro, e conseguentemente il film, è una sorta di resoconto/autobiografia, ma anche un dialogo, o meglio un monologo, di un padre che tenta di lasciare qualcosa, della sua esperienza in giro per il mondo (prima come corrispondente di guerra in Vietnam e poi comeinviato in Cina), al figlio. Fra la delusione per la deriva dell’ideologia comunista, e il ritrovato “lirismo” nelle filosofie orientali, si dipana anche lo spettro di un rapporto familiare conflittuale, avallato dalla pressione subita dal figlio nei confronti di una personalità così preponderante come quella di Tiziano Terzani. E’ il flusso di coscienza di un uomo che non ha rimpianti e che risponde alla ineluttabile dipartita dicendo: “La morte è l’unica cosa nuova che mi può succedere”. Figlio e padre compiono un viaggio a ritroso, la cui meta finale è la conoscenza reciproca e l’accettazione. Se è evidente il nobile intento di raccontare un grande uomo, non lo è altrettanto la resa di questa operazione cinematografica. Il film è, infatti, privo di qualsiasi riferimento in immagini (che siano flashback o documenti di repertorio), che contestualizzino le storie e vicende raccontate dal giornalista al figlio; aspetto facilmente recuperabile con la lettura del libro. Se il cinema ha la sua prerogativa essenziale nel narrare attraverso le immagini, è lecito pensare che questa scelta stilistica di affidare il tutto alle sole parole in un unico contesto scenografico, non possa essere di facile presa per il pubblico.

Serena Guidoni

 


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